we are (the) one
E se la coscienza non è altro che l’universo che guarda se stesso, allora qualcuno dovrebbe spiegarmi perché quando lo fa ci cadono lacrime dagli occhi.
Forse l’universo aveva bisogno di piangere. Forse aveva bisogno di ridere.
Forse aveva bisogno di noi. Per conoscere cosa significa morire. Per capire cosa voglia dire vivere, amare, soffrire, per conoscere quella nostalgia profonda di se stesso, di un posto che temiamo e bramiamo al tempo stesso.
Un posto dove ogni cosa è perfetta in un modo che non da fastidio. Un modo umano, fatto di carne e sangue, fatto di noi.
La coscienza è quella pausa nella quale scegliamo le parole da dire ed i gesti da fare, dando forma alle possibilità della materia e creando la linea del tempo.
Perchè in fondo la materia è solo una possibilità inerte ed inespressa che aspetta il nostro desiderio e la nostra coscienza per diventare qualcosa.
E quanto è importante quindi essere, desiderare, dire o fare. In ogni tasto premuto o non premuto su questa tastiera, in ogni passo che scegliamo di fare o non fare, siamo creatori di questo tempo, di questa realtà. L’universo siamo noi, Che lungi dall’essere mortali, siamo invece il tutto che emerge in un punto solo.
tu ed io non esistiamo separati se non come percezione storica, pensiero dell’universo che conosce se stesso nella totalità di tutti gli altri pensieri. siamo onde dello stesso mare, increspature sulla superficie dell’universo, trasportate dalla corrente e destinate ad incrociarsi e confondersi con lo sfondo.
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