Artificial Deficiency
Non esiste un modo per dire cose vere se non dirle e basta come ci vengono dal cuore. Ogni artificio retorico e linguistico che proviamo ad aggiungere, ogni ragionamento articolato che proviamo a fare sopra i nostri sentimenti ci allontana dalla chiarezza che essi hanno nel nostro cuore. Lo sa bene chi ama, lo sa bene chi soffre la perdita di qualcuno. Si resta fermi con se stessi senza avere la capacità di muoversi nel tempo e nello spazio della propria mente e del proprio cuore. Per questo si dice che amare è un po’ morire, perchè sono entrambi sentimenti radicali e definitivi.
Perchè è quando si ama che ci si scopre mortali, che si vorrebbe amare per sempre, per tutto l’infinito e invece si vive nel finito. Nel finito del tempo e dello spazio che inevitabilmente ci porterà a lasciare, a morire a vedere che tutto il bello di questo mondo prima o poi scompare.
E questo le intelligenze artificiali non lo sanno e non lo sapranno mai. Perchè non sentiranno mai quella paura che quell’attimo infinito finisca. Non ne sentiranno mai la nostalgia nel cuore e nell’anima. Non avranno mai ricordi che bruciano loro dentro come fiamme, strappando un sorriso o una lacrima.
E chiamarle intelligenti, queste macchine, queste calcolatrici semantiche, sarebbe assurdo per chiunque a non vivesse come noi in un’epoca dove l’intelligenza è derubricata a calcolo, a tecnica.
Abbiamo ridotto noi stessi a computer di carne e ossa, lasciando indietro tutto il resto e adesso pensiamo che un computer, un chip, sia come o meglio di noi.
in un mondo dove le persone sono diventate oggetti, è naturale che gli oggetti possano diventare persone, no?
In un’epoca di risposte corrette e giuste, io rifiuto l’equazione e le sue aspettative sulla mia vita e scelgo di farmi sorprendere dal mistero dentro e fuori da me.
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